Preoccupazioni per il divieto del Chlorpropham
Forte preoccupazione del mondo pataticolo per la mancanza di alternative al divieto del Chlorpropham e per la venuta meno di prodotti naturali che favoriscono la conservabilità.
Nella giornata di oggi 5 luglio 2019 nell’ambito della borsa patate è emersa in maniera molto forte la preoccupazione degli operatori commerciali e delle organizzazioni dei produttori per la mancanza di alternative efficaci all’impiego del Chlorpropham e per la venuta meno di miglioratori della conservabilità.
Il 17 gennaio 2019 la Commissione Europea ha confermato il mancato rinnovo dell’approvazione di questo principio attivo a fare capo dal 1 gennaio 2020. Produttori e commercianti hanno preso atto della situazione e pur lamentando il fatto che, come spesso accade, si effettua la revoca di un prodotto senza preoccuparsi delle possibili alternative prendono atto della decisione della Commissione.
L’aspetto che più preoccupa è la venuta meno anche di prodotti che hanno azione corroborante e migliorativa sulla conservabilità di origine naturale. Aspetto questo che tra qualche mese interesserà anche le pere.
Si tratta di sostanze naturali, con azione inibente sulla respirazione dei tuberi, limitandone il calo peso e l’attività metabolica. Questo doppia azione si traduce in una migliore conservabilità, con buoni effetti anche sul controllo del germoglio, consentendo l’immissione graduale sul mercato e conseguente minore rischio commerciale per le aziende agricole. La mancanza di questi prodotti naturali, largamente usati in agricoltura biologica, comporterà pesantissime ripercussioni economiche nei territori vocati a queste produzioni.
Il nostro è un paese produttore di patate ma anche importatore. Se ne producono circa 1,4 milioni di tonnellate e se ne consumano 2,1 milioni di tonnellate circa, quindi siamo vincolati alla importazione di patate per circa 600-700.000 tonnellate.
La situazione potrebbe drasticamente peggiorare senza la possibilità di destagionalizzare in sicurezza la produzione. Le aziende agricole potrebbero trovarsi obbligate ad immettere sul mercato il prodotto entro qualche mese dalla raccolta, perdendo così buona parte delle opportunità che il mercato potrebbe offrire, ed aprendo le porte al prodotto d’importazione.
Alcune questioni autorizzative bloccano l’uso di alcuni prodotti naturali idonei allo scopo, che sappiamo avere fornito buoni risultati sperimentali nella conservazione delle patate e delle pere. Per migliorare la loro efficienza questi prodotti naturali necessitano dell’uso di un veicolante chimico alimentare già oggi molto impiegato in alcuni prodotti alimentari.
Sono circa 4 milioni i quintali di patate che nel 2019 si prevede verranno stoccate nelle celle di conservazione che rischiano di non essere conservate correttamente, sottoponendole a notevoli cali peso e conseguente perdita di qualità. I componenti la borsa patate, chiedono con forza agli organi competenti una soluzione della vicenda poiché si ritiene non si arrechino danni ai consumatori ma, potrebbe avere gravi ripercussioni sul sistema ortofrutticolo, sia produttivo sia commerciale nazionale, già provato da crisi strutturali.